Cinture di sicurezza, ecco come la fisica può salvarci la vita

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Spesso per fretta o per cattive abitudini rischiamo di non compiere un gesto molto semplice che però può fare la differenza per la nostra vita. Se ci siamo mai chiesti “Perché è così importante farlo? Serve davvero a qualcosa?” è arrivato il momento di fare chiarezza con un po’ di fisica. Allacciamo le cinture e partiamo!

Perché se freno mi sento spinto in avanti?

Ci viene detto che l’utilizzo delle cinture di sicurezza in auto può fare la differenza per la nostra vita in caso di incidente stradale o, in generale, in una situazione in cui, per necessità, siamo costretti a fare una brusca frenata.

Probabilmente (e fortunatamente!) non tutti abbiamo esperienza diretta di ciò che succede in situazioni di questo tipo al nostro corpo ma abbiamo tutte le basi per capirlo. D’altronde non è necessario considerare situazioni estreme per comprendere la fisica che c’è dietro ma ci basta pensare a esperienze di vita quotidiana. A chi di noi non è mai capitato di trovarsi in un pullman o in un treno talmente pieno da non trovare posto a sedere e dover restare in piedi?

Sicuramente in queste situazioni ci siamo accorti che nei momenti di partenza e arrivo è il caso di cercare un supporto a cui appoggiarci per non rischiare di cadere a terra come “pere cotte”. Quello che percepiamo è infatti una sorta di spinta: in avanti quando il mezzo di trasporto sta per fermarsi e all’ indietro alla partenza. Cosa succede esattamente? Chi è che “ci spinge”?

Macchina che accelera e principio di inerzia

Se ci facciamo caso, avvertiamo questa “spinta” alla partenza e all’arrivo del veicolo, mentre in generale ci sentiamo abbastanza stabili durante il tragitto, a meno di frenate improvvise. Questo perché la spiegazione fisica che c’è dietro è strettamente legata al concetto di velocità, o, meglio, della sua variazione nel tempo: quella che chiamiamo accelerazione. Quando vogliamo mettere in moto la nostra auto premiamo l’acceleratore perché di fatto vogliamo cambiare la sua velocità, ad esempio facendo sì che passi da zero (auto ferma) a 50 Km/h. Una volta raggiunta tale velocità possiamo decidere se mantenerla costante, accelerare ancora o rallentare. Tutto ciò ci è sicuramente già familiare ma quello che forse non abbiamo mai sentito dire è che una macchina che accelera è un sistema di riferimento non inerziale, ovvero un sistema di riferimento in cui non vale il principio di inerzia.

Cosa è un sistema di riferimento?

Quando osserviamo un oggetto o una persona muoversi, noi “osservatori” costituiamo di fatto un sistema di riferimento. In generale in fisica per descrivere il movimento di un corpo non basta ad esempio fornire un numero che indica a che distanza esso si trova. Questo perché un oggetto che si trova ad un metro di distanza da noi, può trovarsi a dieci metri di distanza dal nostro vicino di casa; allora è importante specificare chi sta osservando o, in termini fisici, quale è il sistema di riferimento. Immaginiamo di star viaggiando in auto in compagnia alla velocità di 70 Km/h. Un osservatore fermo al semaforo vedrà noi alla guida effettivamente sfrecciargli davanti a 70 Km/h. Se chiedessimo al passeggero accanto a noi “a che velocità mi sto muovendo?” ovviamente risponderebbe che noi per lui siamo fermi. Il passeggero in auto e l’osservatore fermo al semaforo costituiscono infatti due diversi sistemi di riferimento: siamo fermi rispetto al primo e ci muoviamo a 70Km/h rispetto al secondo!

Ma cosa è l’inerzia?

E’ chiaro che non tutti i sistemi di riferimento sono uguali ma quello che si scopre è che alcuni sono “migliori” di altri: vediamo perché. Se lanciamo una pallina su un tavolo, notiamo che questa continua a muoversi in linea retta fino a che a un certo punto si ferma (o cade dal tavolo, nell’esempio immaginiamo di avere a disposizione un tavolo molto lungo). Perché la pallina si è fermata? Se immagiamo di ripetere il lancio su una superficie diversa dal legno, ad esempio sul ghiaccio, vedremmo la pallina continuare indisturbata nel suo moto per distanze molto maggiori.

Capiamo allora che il motivo per cui la pallina si ferma non è legato alla pallina in sé ma alla superficie su cui si muove, che esercita su di essa una forza (chiamata in fisica forza di attrito radente) che si oppone al suo movimento e agisce da freno. Anche l’aria
gioca la sua azione da freno (in questo caso si parla di attrito viscoso) ma ciò che ci interessa è il fatto che se l’attrito non ci fosse (ovvero se potessimo fare ancora meglio del caso con il ghiaccio) la pallina continuerebbe a muoversi in linea retta e con la stessa velocità per sempre, o, in termini più fisici, finché non incontri un ostacolo che la costringa a cambiare direzione o a fermarsi. Quanto detto costituisce l’enunciato del principio di inerzia: questo ci dice che se forza totale applicata ad un corpo è nulla, questo resta fermo se era inizialmente fermo o, se era in moto, continua a muoversi in linea retta a velocità costante (moto rettilineo uniforme).

Questo è vero sempre? La risposta corretta è: dipende dal sistema di riferimento! I sistemi di riferimento “migliori” sono quelli in cui ciò è sempre vero e sono infatti detti sistemi di riferimento inerziali. Ne esistono però di altri (come, ad esempio, l’auto che accelera) in cui il principio di inerzia non vale e si osservano delle variazioni nel movimento di un corpo anche se la forza totale agente su di esso è nulla: questi sono detti sistemi di riferimento non inerziali.

Quindi: chi ci spinge?

Ora che sappiamo che una macchina che accelera è un sistema di riferimento non inerziale, possiamo fare uno step successivo e rispondere alla seguente domanda. Se tutte le forze che agiscono su di noi si cancellano a vicenda, da dove viene la spinta che avvertiamo? In fisica si parla di forze apparenti, ovvero di “forze” che non derivano da interazioni fondamentali della natura come, ad esempio, la forza di gravità e la forza elettrica ma che sono percepite come tali per gli effetti prodotti, appunto la spinta in avanti o indietro nel caso di un moto accelerato.

Quello che percepiamo quando la macchina frena bruscamente è la nostra inerzia, ovvero la nostra tendenza a continuare a muoverci alla velocità che avevamo, cioè quella della macchina prima della frenata. Se pensiamo di star viaggiando a 90 km/h e la nostra auto urta contro un albero, quello che accade è che l’auto si ferma improvvisamente ma il nostro corpo continua in un primo momento a viaggiare a 90 Km/h e finiamo per urtare violentemente contro il parabrezza! È in questi casi che la cintura di sicurezza, richiamandoci verso il sedile, può salvarci la vita!

Sicurezza in Formula 1

Quando parliamo di auto che viaggiano ad elevate velocità non possiamo non pensare alle gare di Formula 1. Uno dei sistemi di sicurezza più iconici per i piloti di Formula 1 è il sistema Hans (Head and Neck Support). Si tratta di un supporto che viene ancorato al casco dei piloti e che ha il compito di limitare il movimento della testa nelle frenate più brusche riducendo il più possibile gli incidenti fatali. Come abbiamo imparato, quando siamo soggetti a brusche accelerazioni o decelerazioni, sul nostro corpo agiscono delle “forze” che possono essere molto intense. Se pensiamo di muoverci a velocità elevate, di centinaia di chilometri orari (come quelle raggiunte in Formula 1), i rischi a cui andiamo incontro sono notevolmente maggiori. In caso di incidente, oltre alla cintura di sicurezza che trattiene il torso del pilota, è necessario proteggere ulteriormente il collo e la testa ed evitare possibili lesioni di vertebre cervicali.

Sapevate che…

Un astronauta all’ interno di una navetta spaziale deve fare i conti con notevoli accelerazioni e di conseguenza con “forze” diverse volte maggiori della sua forza peso, in particolare nella fase iniziale di decollo. Per imparare a gestire gli effetti di tali accelerazioni sul corpo, durante la fase di addestramento gli astronauti vengono inseriti in una vera e propria centrifuga che sfrutta il moto circolare per simulare le forze apparenti a cui saranno soggetti durante il viaggio.

 

a cura di Rosa Vaira

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