Il festival di Sanremo si avvicina e, come ogni anno, si prepara a colorare le nostre serate invernali con tanta nuova musica e spettacolo. Vi siete mai chiesti quanta scienza ci possa essere dietro il festival della canzone italiana? Ecco 5 piccole curiosità che riguardano Sanremo ed il mondo scientifico.
Sanremo e scienza: 5 curiosità scientifiche sul Festival della Canzone Italiana

Fisica: quante volte è stata nominata al Festival?
La parola “fisica”, secondo la banca dati Le parole di Sanremo, è comparsa solo una volta fra le parole dei testi di tutte le canzoni che abbiano mai partecipato ad una delle 75 edizioni del festival di Sanremo.
La troviamo in una canzone del 2014 di Frankie HI-NRG, intitolata “Pedala”, di cui riportiamo uno stralcio del testo, arricchito da diversi riferimenti a vari argomenti della fisica stessa:
“… che ha giurato
fede eterna alle leggi della fisica. Statica,
termodinamica, quasi democratica se quando si
ferma si va a ruota libera, o tirannica, con la fissa
dello scatto, senza i freni che difendon dall’impatto.”
La canzone perfetta secondo la scienza
Diversi studi hanno messo in evidenza come una formula scientifica per la canzone perfetta o, meglio, per la canzone di successo, possa probabilmente essere trovata, continuando lungo questo filone di studio.
Ad esempio, secondo diverse ricerche, le canzoni più di successo, cioè quelle che la gente ha più voglia di ascoltare, condividerebbero delle caratteristiche simili, come le ripetizioni di certe note e dei ritornelli, ritmi veloci, un tempo scandito in 4/4 e lo svolgimento della canzone in una sola chiave.
Secondo gli scienziati, però, sono sicuramente da tenere in considerazione diversi fattori aggiuntivi, tra cui quelli psicologici e ambientali che diversificano ogni ascoltatore dall’altro.
Uno spunto di riflessione però sorge spontaneo: ci piacerebbe davvero, nel caso si potesse, conoscere la formula scientifica precisa della canzone perfetta, guardando a secoli di storia della musica prodotta dalla creatività non condizionata di migliaia di geniali artisti che ci hanno appassionato pur senza conoscerla?
Quando un Premio Nobel ha condotto Sanremo
Il 1999 ha visto passare sul palco dell’Ariston un premio Nobel, Renato Dulbecco, non come ospite ma bensì come co-conduttore, al fianco di Fabio Fazio.
Dulbecco, premio Nobel per la fisiologia e la medicina nel 1975 grazie ai suoi studi illuminanti sulla natura genetica del cancro, accettò l’invito di Fazio perché, tra i vari motivi, aveva voglia di far conoscere Telethon alla grande massa telespettatrice, decidendo poi di devolvere il suo cachet per favorire il rientro degli scienziati italiani andati a lavorare e studiare all’estero.
Dulbecco, uomo di scienza ed immensa cultura, esordì sul palco del festival con una frase di Galileo Galilei: “Sono venuto qui per fare esperienze”.
Non tradì certamente le aspettative, iniettando scienza e cultura nella forse più ampia cassa di risonanza mediatica del bel paese.
Perché ci piace una canzone?
La scienza sta iniziando a trovare delle risposte a questa domanda e ormai vari sono gli studi che esplorano questo interessantissimo ambito.
Secondo il neurobiologo R. Salpolsky, ad esempio, l’età dell’ascoltatore è dominante nella definizione dei gusti musicali. Secondo i suoi studi, se un nuovo stile musicale dovesse affermarsi dopo che noi abbiamo spento le nostre trentacinquesime candeline, ci sarebbe il 95% di probabilità che sceglieremmo di non ascoltare quel genere di canzoni.
O ancora, secondo uno studio di un gruppo di ricercatori in psicologia dell’università di New York, ad esempio, basterebbero solo 5 secondi per capire se una canzone ci piace o meno.
Per questi motivi, le scelte artistiche nell’ambito della direzione del festival potrebbero tendere negli anni sempre di più verso una diversificazione dei generi e dell’offerta musicale, in modo da captare un sempre maggiore numero di ascoltatori. Considerazioni riguardo l’universalità della musica proposta al festival sono sicuramente già state fatte dai precedenti anni a questa parte, vista la partecipazione contemporanea di artisti che vanno da Geolier a i Ricchi e Poveri nel 2024, o da Tony Effe a Massimo Ranieri nell’edizione corrente del festival.
Il trofeo: la scienza dietro la palma simbolo di Sanremo
Perché il trofeo del festival di Sanremo è una palma con un leone appoggiato?
Il leone, che come conferma lo storico Mannisi era prima sostituito da un leopardo, nell’ambìto trofeo si staglia a destra di una palma, riprendendo la raffigurazione dello stemma della città.
La presenza della palma nello stemma affonda probabilmente le sue radici nell’antica storia delle palme di Bordighera, zona limitrofa all’attuale estensione della città di Sanremo.
Infatti, la zona geografica in questione è attualmente colma di palme, rappresentando la zona più settentrionale al mondo (oltre i 40 gradi di latitudine) ad ospitare esemplari di palme da dattero.
Una tale anomalia può trovare spiegazione negli intensi flussi commerciali o bellici che in tempi antichi hanno portato numerosi, tra Fenici e Saraceni, visitatori sulle coste del sanremese. Che sia stato per qualche nocciolo di dattero gettato per terra di troppo o per la compravendita degli stessi frutti non lo sappiamo, ma è probabile che l’esportazione di questa atipica pianta per il territorio italo-settentrionale sia dovuta ad eventi legati a questi contesti, come suggeriscono anche esami del DNA di suddette palme e le loro correlazioni con il materiale genetico degli esemplari di varie zone di nord Africa e Medio Oriente.
La palma da dattero ha trovato nel territorio sanremese un microclima adatto alla sua crescita e proliferazione: nonostante le condizioni ambientali tipiche che ne favoriscono lo sviluppo spostano il baricentro numerico delle sue coltivazioni verso il Nord Africa ed il Medio Oriente, la somma di tutte le condizioni fisiche e ambientali del territorio sanremese ha prodotto un ambiente che risulta comunque vivibile per queste piante, facendole diventare il simbolo del territorio prima e del festival poi.
a cura di Nicola Salvemini